Lettera a un ragazzo della classe Duemila
Caro Ragazzo nato nel Duemila, pensavo a te nel Novecento come a una figura mitologica, una specie di marziano che avrebbe abitato altri mondi, si sarebbe alimentato in altri modi, avrebbe viaggiato per altre galassie
… ti vedo fin troppo uguale a me
… nel tuo sapere, trovo un abisso di differenze
… il tuo mondo è assai più piccolo dei provinciali di una volta
… Tu abiti su una fettina così sottile e così ristretta che si chiama Io, che si chiama Presente, che si chiama Display
… conosceva più mondi, più persone, più natura, più vita, più storia
… Aveva più dimestichezza con la morte, con l’aldilà, con la religione
… A te hanno sottratto il passato, l’avvenire, la trascendenza e una fetta d’interiorità che noi primitivi chiamavamo anima
… Una specie di lobotomia
… disabitata di vita reale, di storia, di natura, di pensiero, di fede, di cultura
… Ma di questo non te ne faccio una colpa, anzi ti considero una vittima
… La responsabilità semmai è nostra
… Prova a cercare quel che noi non abbiamo saputo darti
… Noi sognammo la conquista della luna e dei pianeti. Tu prova la conquista della terra, del cielo e della vita